sabato 1 dicembre 2012

Ecco perché gli italiani chiudono e i cinesi aprono

Premessa
Quanto scritto in questo articolo non vuole in alcun modo fare di tutta l'erba un fascio. Ci sono le devute eccezioni, così come le pessime conferme. Il marcio sta ovunque, perciò un colpo al cerchio e uno alla botte...


Da ormai qualche anno abbiamo tutti tristemente notato che sempre di più le vetrine dei negozi italiani chiudono inesorabilmente i battenti sotto la stretta morsa della crisi, dei debiti, della banche magna-imprenditori e di tutto quello che sappiamo ormai fin troppo bene. Mentre i negozi e i locali gestiti dai cinesi sembrano fiorire in una primavera di prosperità.

Il "made in italy" è diventato una specie di status symbol sfigato e costoso, ma costoso nel senso sbagliato del termine. Oggi non indica più grandi qualità come l'eccellenza e la genuinità del prodotto (perché diciamocelo, sono andate da tempo a farsi benedire), bensì il peso economico in un mercato che ormai non può più permettersi di pagare maestranze italiane a caro prezzo.
Per questo abbiamo la delocalizzazione che, in barba al rispetto del lavoratore italiano e dell'amor proprio aziendale, favorisce lo sfruttamento di lavoratori esteri. Omsa in primis ne è il tristissimo esempio. Lavoratrici serbe pagate la metà della metà di quelle italiane, con zero garanzie contrattuali e zero di tutto il resto. Mentre le lavoratrici italiane, quelle che per 30 anni si sono fatte il mazzo, adesso sono disoccupate e senza alcuna prospettiva per il futuro.

E così, arriva pure il prodotto cinese... Ah no! Quello c'era già da tipo 50 anni. Arriva proprio IL cinese, l'imprenditore orientale. Bada bene: non più il vendi-spaghetti-di-liso e pollo flitto. Nonò.
Ad agosto mi è capitato di andare in uno di quei mercatini rionali settimanali e quello che ho sentito è a dir poco agghiacciante:

Venditore: ...signora mia siamo in crisi davvero.
Signora: eh già, non me ne parli...
Venditore: e poi tutti 'sti cinesi... ci rubano il lavoro!
Signora: ah! io dai cinesi non ci vado mai, i miei soldi non glieli do!

E via degenerando. Peccato che il suddetto venditore aveva una bancarella di oggettini per la casa, minuteria, giocattoli di infima qualità e cianfrusaglie varie, indovinate un po'? Made in China. E non si vergognava nemmeno un pochino nella sua tronfiataggine mentre sproloquiava sui quei brutti musi gialli... eh già. Finché la porcheria cinese da 4 soldi la vende lui a prezzi esagerati va bene; ma se lo fa il cinese a prezzi contenuti, no! quello è uno schifo. Quello, signori miei, è rubare il lavoro degli onesti italiani.

Ma torniamo all'imprenditore cinese, quello "vero" (perché ce ne sono due tipi che poi vedremo).
Ora vi spiego come mai i cinesi aprono negozi in Italia al posto degli italiani.

Il cinese sveglio, quello che scappa da un paese capital-comunista che nel 2012 ancora butta in strada le neonate femmina, ha capito che stare in un posto col freno a mano non è vantaggioso. Ha capito che vivere in città che da lontano sfavillano e che da vicino sono luride e malsane, non fa per lui. Ha capito che ci sono paesi in cui le leggi fatte tanto per fare sono come l'America, ma meglio! perché non deve andare a sgobbare in fabbrica come i suoi predecessori (anche se ignora che ci sono prezzi molto più alti da pagare).
Quando arriva nel Belpaese viene accolto e aiutato da altri cinesi che lo ospitano, gli trovano alloggi e gli danno persino i soldi per iniziare la loro attività. Una vera pacchia! Bè... ovviamente tutto ha un prezzo. E' un po' come il contratto della Sirenetta con la Strega del Mare.

Come funziona?
La cosa è un po' più complessa di come ve la spiegherò, ma credetemi sulla parola che alla fine i passi salienti sono solo tre. Chiameremo cinese1 quello che da i soldi (l'imprenditore "vero") e cinese2 quello che vuole aprire l'attività (l'imprenditore da spremere). Bene. Poniamo il caso che il cinese2 abbia bisogno di 100.000 euro per iniziare l'attività (comprare il capannone o il negozio, fare tutta la costosa trafila delle scartoffie all'italiana, comprare la merce, oliare qua e là, ecc...). Il cinese1 gli da i 100.000 euro sull'unghia con un contratto che funziona così:
- il cinese2 dovrà restituire l'intera somma tutta insieme;
- nel frattempo dovrà pagare un fisso mensile al cinese1 finché l'intera somma non sarà disponibile;
- i soldi mesili NON verranno scalati dalla somma da restituire.

Punto. Non c'è altro da aggiungere, se non "questo è peggio dello strozzinaggio". In altre parole il cinese2 deve lavorare per ripagare il debito e mentre mette via i soldi nel gruzzolo finale, deve anche guadagnare abbastanza per pagare il fisso mensile, pagare il posto dove vive con relative bollette, stipendiare chi lavora (generalmente la famiglia) e mangiare. A conti fatti deve guadagnare proprio bene... e il fatto sconcertante è che funziona. Ci sono valanghe di esempi viventi di negozi che vanno alla grande da anni. E vanno bene perché alla fine molti italiani comprano lì. Anche perché, a proposito di qualità del prodotto, se vogliamo dirla tutta non c'è poi tutta questa gran differenza tra il prodotto cinese e quello italiano, visto che molti marchi italiani già da anni hanno spostato la propria produzione in stati più economici. Non posso fare nomi, ma la maglia di un certo stilista italiano che al pubblico costa ben 250 euro (e parliamo di una semplice t-shirt nera con sopra una piccola stampa) viene prodotta in Cina - o in Indonesia non ricordo - e dopo un paio di lavaggi potete anche buttarla fra gli stracci tanto si logora e perde le cuciture.

Però che schifo! Maledetti cinesi! Sfruttano i propri connazionali! Vergogna.
Eh già. Ma intanto loro si immettono nel commercio mentre noi ne usciamo a mani vuote. Loro acquistano i locali commerciali che gli italiani non riescono più a gestire. Certo... non ci sono acquirenti italiani perché i prezzi sono alti e noi non abbiamo nessuno che ci presta i soldi, non legamente almeno. L'italiano medio non vuole problemi e cerca sempre la via più legale possibile (checché se ne dica). Ed è proprio per questo che perisce. Avete mai provato a chiedere soldi alle banche? O ai fondi europei? Buona fortuna gente! (Poi, per carità gli italiani furbi e disonesti ci sono e come! ma o io vivo nel Paese delle Meraviglie ed ho solo amici e parenti che si fanno il mazzo in maniera onestissima e al massimo sono costretti a trasferirsi all'estero, oppure la realtà è un po' diversa da quella che i media tendono a spacciarci in casa nostra).
Con questo NON sto dicendo che quel sistema è valido o che andrebbe attuato anche qui... ci mancherebbe altro. Sto semplicemente dicendo che il tipico permissivismo italiano fa sì che queste cose avvengano sotto il nostro naso; e mentre noi vendiamo locali e capannoni perché non arriviamo a fine mese, loro hanno i soldi per comprarseli. E quei pochi italiani che invece si impuntano e vogliono farcela vengono acquisiti in blocco dalla Svizzera (per chi non lo sapesse in Svizzera c'è un organo apposito per favorire l'ingresso degli imprenditori italiani che hanno buone idee, prodotti vincenti e così via).

Perciò ok, è vero, i cinesi sfruttano i propri connaz...
Un momento. Ma noi non sfruttiamo i nostri connazionali quando cerchiamo di assumerli con contratti di stage gratuiti per fare lavori qualificati? O con contratti co.co.pro. che si rinnovano di 6 mesi in 6 mesi fino-a-8-anni-e-poi-tanti-saluti per fare lavori che non sono affatto progetti e che necessitano la presenza fisica del collaboratore sul posto di lavoro (al contrario di quanto previsto dal vero co.co.pro.)?
E non è sfruttamento affittare un monolocale a 5 universitari diversi chiedendo ad ognuno la cifra intera, senza contratto d'affitto? O rifiutarsi di mettere un sistema di pagamento bancomat nella propria pizzeria così da non essere costretti a fare lo scontrino tutte le volte? O ancora vendere un chilo di pomodori a 12 euro (ve lo giuro) perché cresciuti in una zona superfavolosa e chissà - penso io - innaffiati con acqua santa...?
Perciò un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Siamo sempre così pronti ad accusare gli altri, ma anche in casa nostra non scherziamo mica.
Probabilmente se avessimo iter burocratici più semplici, banche davvero umane e una pressione fiscale corretta, potremmo farcela... a non chiudere. Ma il comportamento scorretto sul lavoro è abbastanza radicato nel nostro dna e quello dubito che cambierebbe.

Quando vedo manifesti e foto come queste a lato mi viene proprio da ridere. C'è un sottile razzismo di fondo in tutto questo: vogliamo bella roba ma non vogliamo pagarla troppo (senza tenere conto però che spesso i prezzi sono bassi a causa dello sfruttamento di manodopera orientale anche infantile). La vogliamo italiana ma non vogliamo sapere da dove viene realmente. Vogliamo che il quartiere di via Paolo Sarpi a Milano torni in mani italiane, ma nessuno ha pensato quando si era in tempo ad agevolare la piccola imprenditoria italiana (e se è per questo non viene fatto nemmeno adesso). Non vogliamo il made in china ma poi acquistiamo palloni da calcio e scarpe di marche note - e a che prezzi - come se venissero da Favolandia e non dalle mani dei cinesi... Facciamo terrorismo sugli sciagurati prodotti cinesi che minano la nostra salute (per poi puntualmente scoprire essere bufale) ma non smettiamo di acquistare la vera bufala e cioè quella campana prodotta accanto ai termovalorizzatori o la frutta cresciuta a 300 mt dall'Ilva, o ancora il noto vino in brick le cui uve crescono ai lati della A1!
Se questo è il made in Italy, ne faccio volentieri a meno.

Forse non sappiamo quello che vogliamo. Ed è per questo che falliamo miseramente e lasciamo che nel nostro paese avvengano questi scambi invisibili ma concretissimi che piano piano cambiano il profilo della "nostra" Italia. In mezza Europa la gente scende in piazza per smuovere il sistema e riprendersi una vita più dignitosa, in Italia scendiamo in piazza per il flash mob del Gum Gum Style. Invece di puntare il dito contro i cinesi, impariamo a dire "mea culpa", battiamoci forte sul petto e giù le ginocchia sui ceci (raccolti da chi...?).


P.s.: Sia ben chiaro. A me non interessa affatto se chi sta dietro al bancone è italiano, cinese o marziano. In un vero mercato libero mi sta benissimo tutto (a patto che si giochi legamente però). Con questo post punto il dito contro gli italiani che si lamentano per i motivi sbagliati e che comunque non fanno niente di concreto e di costruttivo per cambiare le cose.

lunedì 8 ottobre 2012

Miele alterato a causa delle M&M's

Spesso sento dire dalla gente che "si aspetta il peggio" perché tutto sembra andare storto. Io, invece, dopo aver saputo di questa notizia, dico che il peggio è già arrivato.

E' della settimana scorsa la notizia che in Francia alcune api della regione di Ribeauvillé producono miele blu. Ma anche verde e marrone.



In un primo momento le ricerche si sono focalizzate sull'uso di possibili pesticidi nei campi dove le api vanno a succhiare il nettare. Ma è bastato qualche altro giorno di ricerche per scoprire l'ennesima nefandezza. Poco distante dalla residenza degli apicoltori c'è un deposito di scarti di lavorazione delle famose lenti al cioccolato M&M's. La fabbrica in questione ha ben pensato di lasciare all'aria aperta quintali di materiale zuccherino colorato (chimicamente), anziché smaltirlo celermente - come il buon senso suggerirebbe. Così le api - confuse - non si sono rifornite dai fiori, bensì dall'accumulo di immondizia.

Questo, come potrete ben immaginare, è un fatto gravissimo e non tanto perché l'intera produzione del miele è andata a farsi benedire, ma perché è arrivata la prova tangibile che il nostro comportamento antiecologico penetra profondamente nei delicati equilibri della Natura, intaccando i comportamenti incondizionati degli animali.

Le api sono da sempre il nostro indice di vivibilità sulla Terra: sappiamo che se sparissero loro, spariremmo anche noi nel giro di pochissimi anni. Ok, le api non sono sparite, ma la loro naturale capacità di scindere ciò che è bio da ciò che non lo è, è stata ufficialmente intaccata. Perciò abbiamo poco da stare allegri.


giovedì 6 ottobre 2011

Finalmente buone notizie.

Ricevo e giro con piacere la lettera arrivatami stamattina dallo staff di GreenPeace in cui si annuncia che la Mattel ha finalmente rinunciato a disboscare le foreste indinesiane per il packaging di Barbie &Co.

Dopo una lunga estate calda, rieccomi a parlarvi del mondo. E delle sue tante verità.


Ciao Monica,
Grazie anche a te, Barbie ha detto basta alla distruzione delle foreste. Quando 300.000 persone agiscono insieme per raggiungere un obiettivo, la vittoria prima o poi arriva. Con Barbie è appena arrivata: oggi Mattel ha annunciato che interromperà i suoi rapporti commerciali con le aziende che distruggono la foresta indonesiana, come APP.
La campagna "Barbie, ti mollo" ha funzionato: dopo che Ken ha mollato Barbie, Mattel ha mollato APP e si è convinto a produrre un packaging sostenibile per i suoi prodotti.
È una buona notizia per tigri, oranghi ed elefanti dell'Indonesia che rischiano l'estinzione. Ma è solo l'inizio. Abbiamo ancora bisogno del tuo aiuto per spingere le altre aziende del settore dei giocattoli, tra cui Disney e Hasbro, a passare dalla parte delle foreste.
La strada è lunga ma insieme possiamo continuare a vincere. Se fai una donazione ora, ci aiuti a portare avanti la nostra campagna per indagare, monitorare e documentare i fenomeni di deforestazione. Non ci fermeremo fino a quando le aziende non avranno eliminato dalle loro filiere produttive la distruzione delle ultime foreste pluviali.
Per tutelare la nostra indipendenza, non accettiamo fondi da aziende o governi. Questo significa che possiamo contare solo sul sostegno di persone come te.
Le foreste stanno scomparendo a un ritmo allarmante. Non c'è più tempo da perdere. Dona ora.

Grazie!


 

Chiara Campione

Responsabile campagna Foreste
Greenpeace Italia



Perciò ragazzi, la lotta non è finita. Ora bisogna convincere Topolino e tutti gli altri a produrre buon packaging ecologico :)

venerdì 24 giugno 2011

Troppo bella per essere eco

Ad anni di distanza dall'eliminazione del pvc per plasmare le sue belle gambe - che hanno intossicato chissà quante centinaia di migliaia di bambine in tutto il mondo - Barbie ritorna in cima alle notizie ancora per motivi legati alla salute e all'ambiente.

A denunciarla, stavolta, è GreenPeace, che punta il dito su uno degli abomini ambientali più esecrabili degli utlimi decenni: l'indiscriminata deforestazione della Foresta Pluviale indonesiana per produrre packaging a basso costo.

In tutto il mondo solo ora si sta comprendendo l'enorme importanza delle foreste pluviali che fungono da polmone mondiale per l'assorbimento di CO2. Nel 2007 il Presidente della Guyana, Bharrat Jagdeo, ha accettato di proteggere la propria foresta pluviale nazionale in cambio di aiuti economici da parte della Gran Bretagna affinché nessuno mai provasse a tagliare anche solo un ramoscello per trarre vantaggi finanziari, nonostante i precari bilanci guyanesi.
Ma così non è in altri stati, spesso devastati da guerre intestine e governati da persone deboli e corrotte. Una manna per le multinazionali come la Mattel che sguazzano in questo tipo di lerciume.

E così Mattel insieme alla APP (Asia Pulp & Paper) deforestano giorno dopo giorno, uccidendo le tigri di Sumatra e altri animali autoctoni.
Tutto questo per produrre carta usa e getta a basso costo, come se la Mattel non potesse permettersi una politica ecologica in quanto a packaging (prodotto destinato alla pattumiera per definizione).


Cosa si può fare?
Due cose si possono fare:
1 - mandare una mail di protesta alla Mattel firmando questo modulo precompilato: http://www.greenpeace.org/italy/barbie
2 - boicottare i prodotti Mattel, con buona pace di figli e nipoti che se per qualche tempo non ricevono i giochi Mattel, campano comunque.

Ovviamente ci sono anche altre case produttrici di giocattoli che utilizzano carta indonesiana, perciò basta semplicemente seguire la campagna di Greenpeace e fare la cosa giusta ;)


In questo brevissimo video tutti i numeri e ciò che avviene nelle cartiere di Sumatra:



Il video di GreenPeace in cui Ken molla Barbie :D





Fonti
http://www.greenpeace.org/italy/barbie
http://www.greenpeace.it/barbie/animationITA.swf
http://www.aduc.it/notizia/foresta+equatoriale+offresi_95541.php

lunedì 13 giugno 2011

Incidente nucleare taciuto in vista del referendum italiano!

Apprendo solo oggi (13 giugno 2011), che il 4 giugno scorso ad Anshas, a nord del Cairo, c'è stato l'ennesimo incidente nucleare, ovviamente taciuto qui da noi in vista del referendum.

L'incidente è anche piuttosto grave poiché è esplosa una delle pompe del reattore, di quelle che spingono il vapore verso le turbine per creare effettivamente l'energia.
L'esplosione ha causato la fuoriuscita di 10 mila litri di acqua radioattiva, che si è dispersa nell'ambiente circostante, inquinando irrimediabilmente tutto ciò che è nelle vicinanze: terreno, falde acquifere e via dicendo.
Inoltre alcune fonti sostengono che l'incidente sia stato riportato solo ora, ma che in realtà si sia verificato il 25 maggio!

A parte l'orrore e lo sdegno per l'ennesimo incidente legato alle centrali nucleari, quello che più fa rabbia è il voluto silenzio della stampa e delle tv italiane che hanno totalmente ignorato l'accaduto senza riportarne alcuna notizia, nemmeno un trafiletto.
Se questo non è servilismo nei confronti di un governo sempre più infiltrato nei media, allora cos'è? Ogni volta che si parla di lecchinaggio giornalistico si alzano più e più giornalisti a difendere le proprie sacre posizioni (forse quelle a calzoni abbassati), ma se la realtà delle cose fosse quella che loro difendono a spada tratta, allora perché tanta indifferenza nei confronti di una notizia così grave?
E guardacaso proprio nei giorni appena precedenti le votazioni per il Referendum sul nucleare...

La verità sta anche nelle parole dell'editoriale di Riccardo Luna su Wired di giugno, quando dice a proposito di una riunione a cui ha partecipato:

"(I giornalisti) Dicevano: Internet distrugge i giornali, ci fa perdere posti di lavoro, porta la ricchezza creata fuori dall’Italia. E persino: inquina le menti dei nostri figli. Orrore! Sulla ricetta concordavano: gli faremo la guerra, a questi della Rete, gli faremo la guerra se non scenderanno a patti con noi.  Non uno che dicesse che forse in questi anni abbiamo fatto dei brutti giornali e dei pessimi telegiornali dove è diventato quasi impossibile capire di che si sta parlando, anzi, di che si sta litigando. Non uno che ammettesse che da una vita abbiamo drogato le vendite in edicola allegando libri e cassette, giocattoli e profumi, tutto piuttosto che una idea nuova."

Non mi dilungherò oltre su un fatto talmente grave che si commenta da sé.
Dico solo, che oggi l'Italia si è davvero stancata ed ha gridato il suo incontenibile "BASTA" andando a votare 4 volte Sì al referendum più boicottato nella stora, dal governo italiano.
Agli Italiani dico: Grazie di Quorum!





Immagine quorum:

giovedì 21 aprile 2011

Lines "è"... una sòla ambientale

Premessa: in questa sede intendo smentire che le donne abbiano mai ideato una cosa simile. Semmai hanno creato la MoonCup.

Per quelli di voi che ancora non lo sanno, io nasco pubblicitaria. Ho studiato per anni il marketing, il design del prodotto, la psicologia del colore, le tecniche di comunicazione e via dicendo. Tuttavia sono anche una persona che odia i sotterfugi utilizzati oggi per bidonare la gente.
Ad esempio: quando guardate il Chillit Bang che con una sola passata rimuove lo sporco anche dove non era stato spruzzato, quella si chiama "iperbole", cioè un sistema visivo per enfatizzare l'efficacia del prodotto anche se non fa quello che state guardando nello spot. La maggior parte di chiunque al mondo non è a conoscenza di questa sottigliezza concettuale, ma per le leggi che governano l'advertising voi dovreste saperlo e come! Un po' come ci si comporta con le leggi statali: siccome escono sulla Gazzetta Ufficiale "non puoi non saperle".
Insomma, anche se il prodotto non fa quello che promette, non potete prendervela con nessuno.

Ora.
Da qualche tempo è uscita una pubblicità della Lines che pubblicizza un nuovo prodotto "per lei"; si chiama Lines è e - ovviamente - è migliore di qualunque cosa sia stata concepita finora* nella storia umana. Avevate dubbi???
Ebbene, si tratta di un assorbente il cui misterioso materiale denominato "lactifless" non è dato sapere di cosa si tratti. Te lo fanno veder colare come una fluida cascata di panna dolce, di un bianco purissimo che sembra volerci dissuadere dall'idea che possa inquinare l'ambiente (cosa che invece fa, come e più dei suoi predecessori). Per qualche oscuro motivo l'azienda non descrive da nessuna parte di cosa sia composto, nonostante le centinaia di brevetti che lo coprono largamente. E io mi domando e dico: siccome è un materiale sconosciuto, le donne avranno o non avranno il sacrosanto diritto di sapere cosa si stanno mettendo a contatto con una zona così delicata?
Insomma, per anni ci hanno detto che il salvaslip andava portato anche nei giorni tra un ciclo e l'atro e poi si è scoperto che la pelle ne risentiva, ma intanto migliaia di donne accusavano irritazioni di qualsiasi genere...

Riporto un'interessante brano di Love Moon che tutte le donne dovrebbero leggere:
"Lo sai che il flusso mestruale femminile, sulla superficie dell’assorbente (in media 50 cc giornalieri), favorisce la proliferazione dei batteri che, moltiplicandosi rapidamente, causano un’innalzamento della temperatura tra assorbente e genitali che può superare i 40°C?
Ecco; tu devi sapere che, a quella temperatura i solventi volatili delle colle che ancorano gli assorbenti agli slip, iniziano a separarsi e, in conseguenza dell’elevata umidità e temperatura che dilata i pori della pelle, causano reazioni allergiche e prurito che nessuna donna può ignorare.
Le infezioni batteriche, un tempo poco note, oggi sono molto frequenti tra le donne."

A me sembra che si giochi con la salute degli altri. E il lactifless (che già molte fashion victims corrono a comprare manco fosse una borsetta firmata) è la stessa cosa: dai retta ad un'azienda che si rifiuta di dirti cosa ti ti stai mettendo sulla tua zona più delicata.

Non starò qui a discutere se questi assorbenti sono meglio o peggio di altri o della follia del costo per un prodotto usa-e-getta da fighette, perché nei vari forum e blog già se ne parla abbondantemente con scarsità di reali apprezzamenti (tranne quelli pilotati ad hoc, facilmente riconoscibili soprattutto su Facebook).

Quello su cui mi interessa puntare il dito è lo slogan subdolo e menzognero con cui tale prodotto viene pubblicizzato: "Creato dalle donne per le donne".
Niente di più falso.
L'assorbente femminile moderno, interno o esterno che sia, è frutto di un'insana macchina fondata sul profitto tramite le materie plastiche (e quindi sul petrolio e sull'indistria chimica) che solo gli uomini hanno in mano.
Mi pare proprio di vederle 'ste fantomatiche donne giovani-belle-e-scienziate che in un laboratorio esclusivamente femminile si inventano l'ennesima porcata chimica che va a distruggere ancora di più l'ambiente.

Infatti gli unici prodotti che davvero provengono dall'ingegno femminile sono - guardacaso - tutti di provenienza o destinazione NATURALE. Tra gli assorbenti in fibra vegetale o quelli di stoffa da lavare, un prodotto su tutti si eleva a miglior amico della donna e della natura: la MoonCup.
Essa è costituita al 100% di silicone: è quindi indistruttibile, indeformabile ed eterna! La si sterilizza con la semplice acqua bollente ed è pronta per il prossimo ciclo, senza sprechi di soldi, di risorse naturali e senza inquinare o irritare. Inoltre è un bel risparmio visto che la si compra una volta e non ci si pensa più. Senza tenere conto che è completamente invisibile, non sporca, la si può indossare con il costume e una volta indossata non la si sente affatto e si può dimenticarla per ore.



Non è mia intenzione demolire un prodotto per pubblicizzarne un altro, nonostante l'evidenza dei fatti, siate quindi voi stesse a ragionare su tutto il sistema che governa certi mercati e tirate da sole la vostra conclusione. Cercate online, comparate le opinioni e cominciate a chiedervi come mai una trascinatrice di folle come Luciana Littizzetto abbia pubblicamente parlato male della MoonCup - comoda per definizione - proprio nel periodo d'uscita del nuovo prodotto Lines che punta sulla comodità... ma guarda un po'!


Note
*Su questo concetto sarà bene tornarci in uno dei prossimi post. Non temete.

Fonti

venerdì 1 aprile 2011

Sì, ancora sul nucleare

"Nucolare, si dice nucolare"
Così Homer Simpson risponde a chi gli fa domande in merito al suo lavoro e, anche se in Svizzera hanno interrotto la messa in onda della serie per questioni di sensibilità (?), in realtà è proprio di questo che stiamo parlando: di ignoranza.
Tutto, e ripeto, TUTTO ciò che ha a che fare con le radiazioni, le scorie e i disastri nucleari è frutto di ignoranza. A distanza di un mese dal primo incidente di Fukishima, l'altra mattina il Governo Giapponese ha ammesso che la situazione radioattiva è fuori controllo; ci sono state contaminazioni estese nei bacini idrici e attorno al reattore 2 si sarebbe raggiunta la terrificante quota di 1000 millisievert l’ora, "sufficiente per determinare alterazioni temporanee dell’emoglobina." - parole del premio Nobel Carlo Rubbia.
Il Giappone è in preda al panico perché "non si aspettava una tale tragedia". Insomma ignoravano i possibili risvolti conseguenti ad un incidente - evidentemente - non previsto. Insomma, ignoranza allo stato puro, dando per scontato che certe cose non accadono, come se il caso Chernobyl non fosse mai avvenuto.

Ma ora abbiamo due fronti uguali ed opposti che ci fanno confondere... Da una parte il Giappone in un clima di disperazione e totale perdita di controllo, che dichiara di voler ricostruire solo con impianti basati su energie alternative; e dall'altro c'è il Governo Italiano che continua ad assicurarci che non c'è alcun rischio per l'Italia e che al massimo occorre spostare il discorso sul nuclerale di un annetto.
A me, sinceramente, qualcosa non torna. Anche perché i sondaggi di opinione trasmessi ieri mattina su Agorà di Rai Tre, sono molto espliciti: il 63% degli Italiani pensa che è meglio lasciar stare il nucleare e riprendere il discorso sul fotovoltaico; il 33% pensa che i rischi da correre sono più alti dell'effettiva validità del ricorso al nucleare; e solo il 4% pensa che si debba insistere.
Mi sembra chiarissmo cosa vogliono gli Italiani.

Eppure su alcuni argomenti relativi al nucleare (come scorie e nubi radioattive), l'incertezza e la totale mancanza di conoscenza scientifica, sono ancora strumento di propaganda "tranquillista" ad opera di quei politici e/o industriali politicizzati che - ovviamente - hanno tutto da guadagnare.
Già da un paio di settimane si parlava della nube radioattiva che, spostata dai venti, sarebbe giunta in Italia nel weekend tra sabato 26 e domenica 27 marzo. E infatti c'è stata. Le rilevazioni, rese note due giorni fa, hanno dimostrato un'anomala presenza di iodio 131 in ben 7 regioni italiane. Spesso sento dire che si tratta di valori "infinitesimali" come se stessimo parlando di polvere di gessetto o di particelle di pulviscolo.
Ora, certamente io sono una profana in materia nucleare, come la maggior parte di voi, ma un paio di cose sono certe:
- la parola "infinitesimale" non vuol dire "assente"
- trovare iodio 131 in ben 7 regioni significa che c'è stata una contaminazione e, comunque la si voglia definire (piccola, infinitesimale, non preoccupante), è anomala, perciò innaturale.
Qualcuno sostiene che in natura la radioattività esiste in dosi anche pericolose. Perfetto, rispondo io, ma "in natura" se cammino in un bosco o nuoto nel mare, difficilmente inciampo in particelle nanometriche in quantità e locazioni anomale.

Senza entrare troppo nei particolari scientifici, è giusto chiarire un paio di punti:
1 - Le radiazioni esistono in natura, ma è il modo in cui arrivano a noi ad essere più o meno pericoloso: se prendo il sole senza precauzioni posso beccarmi una scottatura, ma la cosa finisce lì. Se vengo esposta allo iodio 131 trasportato dal vento, significa che posso inalarlo in qualsiasi momento e potrei non essere in grado di "smaltirlo".
2 - Diamo per scontato che una catastrofe (in)naturale avvenga solo sul piano "evidente", come se essa non andasse a toccare anche gli equilibri più delicati e a noi ancora oscuri. Dobbiamo metterci in testa che NON sappiamo tutto del mondo, del cosmo, della Natura e delle leggi che regolano il nostro universo in toto. E quindi, anche se continuano a dirci che "non c'è alcun rischio per l'Italia" di contro io continuo a non fidarmi, ma a guardare i fatti certi: lo iodio 131 è un elemento fortemente radioattivo e cancerogeno. Me ne infischio della quantità "sicura" perché, come abbiamo visto, nulla è sicuro o privo di imprevisti.
Affidandoci ai superbi della scienza, abbiamo smesso di relazionarci in prima persona con i cicli naturali, arrivando a credere che possiamo abituarci a tutto e che il Pianeta può sopportare tutto.

E invece no. Siamo agli sgoccioli di una scellerata condotta politico-tecnologica. Passiamo più tempo a farci inutili guerre ideologiche che non a cercare soluzioni per la preoccupante desertificazione degli ultimi anni, o sulla progressiva scomparsa delle api. E nel frattempo chi ha capito come funziona il giochetto, ci lascia a litigare fra noi sui particolari di secondo piano e, così impegnati, non ci rendiamo conto delle grandi manovre fatte sotto il nostro naso...
A proposito, avete notato la velocità con cui è aumentata la benzina grazie alle tasse per la guerra in Libia?
Ma di questo parleremo un'altra volta.




Fonti
http://www.wallstreetitalia.com/article.aspx?IdPage=1102419
http://www.webmasterpoint.org/news/nube-radioattiva-centrale-nucleare-giappone-arrivera-in-italia-e-europa-video_p39734.html
http://www.greenstyle.it/nube-radioattiva-rilevato-iodio-131-in-molte-regioni-italiane-2509.html?doing_wp_cron